Un terzo e ultimo “Natale dei Gentili” ci viene suggerito da un altro ateo ben noto anche se ora un po’ dimenticato, lo scrittore Alberto Moravia (1907-1990). In un suo scritto egli comparava il Natale dei nostri tempi a «quelle anfore romane che ogni tanto i pescatori tirano fuori del mare con le loro reti, tutte ricoperte di conchiglie e di incrostazioni marine che le rendono irriconoscibili. Per ritrovarne la forma, bisogna togliere tutte le incrostazioni. Così il Natale. Per ritrovarne il significato autentico, bisognerebbe liberarlo da tutte le incrostazioni consumistiche, festaiole, abitudinarie…». Ed egli suggeriva anche una via, quella della meditazione, dello stare un po’ da soli, con la propria coscienza, liberandosi della rete delle incrostazioni, cioè delle chiacchiere, delle sguaiataggini, della superficialità, così da ritrovare se stessi, per interrogarsi sul senso profondo della vita.
Bisognerebbe, allora, stare in silenzio in questi giorni di ferie natalizie almeno per qualche minuto. Infatti, sia il “Gentile” sia il credente possono condividere il consiglio di Moravia: «Per ritrovare un’idea dell’uomo, ossia una vera fonte di energia, bisogna che gli uomini ritrovino il gusto della contemplazione. La contemplazione è la diga che fa risalire l’acqua nel bacino. Essa permette agli uomini di accumulare di nuovo l’energia di cui l’azione li ha privati». Ecco, dunque, un “Natale dei Gentili” che, in realtà, li potrebbe unire anche ai cristiani; un Natale di amore fraterno, di ascolto di una voce forte e potente com’è quella di Gesù di Nazaret, imprescindibile presenza nella nostra storia e cultura, e infine un Natale con qualche chiazza di silenzio, di riflessione, di serena contemplazione.